Antonio Rezza, visto da un nostro allievo

Una porta. Una porta, stretta, nel suo telaio e la sua maniglia: tutta la scenografia di questo spettacolo.

Un fustigatore in scena! sposta e apre freneticamente la porta, entra ed esce, apre, chiude, bussa, sposta, riapre e richiude, sposta, bussa, apre e chiude, a destra e a sinistra, in fondo e avanti, avanti e indietro, di lato, sotto e sopra, attraverso. E' una porta che si muove e che sbatte; ad ogni colpo ti chiedi dove sei, dove sei, dove siamo, dentro o fuori, dentro in quale spazio oppure fuori rispetto a cosa, il fuori è grande, il fuori è piccolo, claustrofobico mondo interiore, chiuso, forse imprigionato tra i vetri delle nostre granitiche paure, immobili e sordi. Tutti parlano e nessuno sente, non senti niente, neppure te stesso, eppure bussi, qualcuno bussa, ma non lo aspettavi e soprattutto non può entrare! Ogni persona, sia forse dentro o forse fuori è una ipotesi, il fustigatore indica, chiama e richiama ogni persona in scena a stare al suo posto, prima dentro e poi fuori, ma, come un ritornello che non esce dalla testa, si chiede "dove siamo", dove sei, quando c'eri o non c'ero io quanto non c'eri tu? non certo dentro la mia casa, no, quella è inviolabile e soprattutto non esiste, in quanto non esiste un fuori a delimitarla, tutto intorno solo separazioni: io te lui loro gli altri, nomi, amici? a rovinare la serata dentro? parenti; ma quali? i miei o i suoi e quali sono i loro nomi? sono marionette da presentare, da far presentare ripetutamente fino allo sfinimento, in un vortice di lui lei l'altro e l'altra ancora, ma in fondo non esistono nella mente del fustigatore che infine si dichiara alieno da una o l'altra casa, tranne che nel mezzo: tra il telaio della sua porta nè di qui nè di là, lì solo lì in quei 10 centimetri "si sente". Nessuna pietà; ogni personaggio è deriso e "usato", "consumato" dentro e fuori, dove e come capita, ed il pubblico ride, ride a volte, ma sotto sotto soffre; è spiazzato e incredulo davanti a questa scarica di parole, giravolte, e paradossi, la voce diventa musica e la musica diventa lamento e quindi parola. E' una scarica di parole che ti graffia che fa male ma non lo senti, tu ridi. Ridi, amaramente con il fustigatore che gioca con fuoco, soffia da sotto e butta acqua da sopra...ma dove siamo? sento freddo o caldo? che cosa dice, perchè lo dice? a chi lo dice? dici a me??? chi ha bussato? perchè non bussa mai nessuno alla mia porta?

Fausto Renzi, allievo di Mamì, corso di teatro Avanzato